“I sudditi di uno Stato devono contribuire alle spese pubbliche in proporzione alla loro capacità; cioè al reddito di cui godono”. Il precetto è stato inserito integralmente nella nostra costituzione all’art. 53, rientra nel principio dell’equità e prevede, appunto,  che “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”. Tale capacità è la disponibilità economica dei cittadini di concorrere al fabbisogno finanziario dopo aver sottratto quel “minimo vitale” che serve all’individuo per garantire, a sé e alla sua famiglia, una vita dignitosa.

In tempo di crisi una vita dignitosa può significare doversi accontentare dei soli beni di prima necessità; in ogni caso, la capacità contributiva inizia dopo aver sottratto una quota di reddito indispensabile a garantire almeno l’esistenza in vita dell’individuo. Se un cittadino riesce a stento a soddisfare le esigenze fondamentali, non è in condizione di concorrere al mantenimento dello Stato perché la sua capacità contributiva è zero. Ma attenzione, perché  pur avendo una capacità contributiva nulla, un individuo può essere comunque chiamato a versare dei tributi allo Stato. Ad esempio, se un pensionato con un reddito mensile di 500 euro fosse proprietario di una modesta abitazione, sarebbe obbligato a pagare l’IMU.

Siffatta imposizione, a meno di voler considerare un lusso il bisogno di ripararsi tra le mura domestiche, è in contrasto con i principi della costituzione perché il prelievo forzato va ad assottigliare il già misero e avvilente “minimo vitale” a disposizione.  Nello stesso tempo, il cittadino sensibile, ormai in difficoltà a farsi bastare i pochi mezzi a disposizione, potrebbe sentirsi offeso nella dignità  per non poter adempiere i propri doveri di contribuente.

“L’imposta che ogni individuo è tenuto a pagare deve essere certa e non arbitraria; l’epoca, il modo di pagamento e la somma da pagare devono essere chiare e precise”. L’unico punto fermo per la riesumata IMU è che si dovrà pagare e l’importo si preannuncia salato. Per il resto, si parla di acconti, date presunte, aliquote timorosamente ventilate e imponibili catastali da rivalutare; genera ansia persino a chi se la può agevolmente permettere.

“Ogni imposta deve essere riscossa nel momento e nei modi ritenuti più convenienti per il contribuente”. Non mi pare assolutamente il momento adatto per aumentare la pressione fiscale; ma se di IMU si è dipendenti, meglio a piccole dosi. Una rateizzazione più comoda, probabilmente, avrebbe alleggerito il sacrificio.

“Ogni imposta deve essere stabilita in maniera da far uscire dalle tasche dei contribuenti la minore somma possibile in eccedenza a quella che entra nelle casse pubbliche”. Modalità di calcolo complesse, aliquote modificabili e differenziabili, rivalutazioni affrettate e oppugnabili, costringeranno il contribuente a ricorrere all’aiuto di un professionista con il conseguente aggravio della spesa complessiva per il tributo.

L’Imu avrebbe avuto difficoltà ad essere accettata perfino nel XVIII secolo, epoca alla quale risalgono le citazioni; comunque la si rigiri, resta sempre molto indigesta. Per essere  un’imposta, non è adeguatamente rapportata  alla capacità contributiva; come  tassa, è ingiustificata perché non è collegata a nessuna specifica richiesta. Magari è una patrimoniale, allora è iniqua, perché l’abitazione rientra tra i beni essenziali e dovrebbe essere un diritto. C’è chi sostiene che sia un’imposta soprattutto locale; quali sono, in tal caso, i benefici territoriali che giustificano la sua applicazione? Probabilmente l’IMU è solo necessaria. Serve ad attenuare la “fame di soldi” dello Stato e ad evitare un ulteriore ricorso al già enorme indebitamento. È possibile farla rientrare, almeno per il momento, tra le imposte straordinarie.  Ma anche in questo caso l’interpretazione si presta a delle critiche. Un’imposta offre un servizio indivisibile, non individualizzabile e ha una copertura della spesa generica. Ciò significa che parte dell’imu potrebbe essere utilizzata, purtroppo, anche  per il rimborso ai partiti; un’irriguardosa sfrontatezza e un’insopportabile provocazione, che risulterebbe, “molto più gravosa per il popolo di quanto possa essere utile al Governo”.

Un’imposta finalizzata ad incoraggiare le attività produttive “che potrebbero offrire mantenimento e occupazione a un gran numero di persone”,  darebbe un ritorno positivo in termini di benessere per i contribuenti e sarebbe, quindi, socialmente accettata, o quanto meno tollerata. La quota di entrate spettante ai comuni andrebbe, inoltre, utilizzata per garantire ai cittadini maggiori e più efficienti servizi, investimenti per l’autonomia energetica, arredi urbani. Negli anni a venire l’IMU dovrebbe trasformarsi in tassa locale e inglobare tutti gli oneri legati direttamente o indirettamente all’abitazione. Il gettito riservato interamente ai comuni, sarebbe un esempio concreto di federalismo fiscale e uno strumento per responsabilizzare amministrati e amministrazioni locali.

Per ora, se accettarla, ci si regoli secondo coscienza e possibilità.

Salvatore Carrano

15/05/2012